RIDARE DIGNITÀ AL PAESE, ALLE PERSONE, AL LAVORO.

Appalti: le novità introdotte nella legge 56/2024 e gli impatti nel settore della logistica. 

Appalti: le novità introdotte nella legge 56/2024 e gli impatti nel settore della logistica. 

L’appaltatore deve individuare il Ccnl più vicino all’attività da svolgere e controllare la presenza di intese a livello territoriale. 

di Enrico Casadei – Uil Ravenna 

Gli appaltatori dovranno garantire un trattamento economico ai lavoratori non inferiore a quello previsto nei contratti più applicati nella zona e nel settore di riferimento. Il D.L. n. 19/2024, nella versione modificata dalla l. n. 56/2024, ha introdotto questa novità per cercare di contrastare il fenomeno del dumping contrattuale. La norma si applica al personale impiegato direttamente o in subappalto e stabilisce che i lavoratori devono ricevere una retribuzione complessiva non inferiore a quella prevista dai contratti collettivi comparativamente più rappresentativi. Le aziende possono continuare ad applicare il contratto collettivo che preferiscono, ma devono adeguare i trattamenti economici in base ai CCNL di riferimento, se inferiori. Bisognerà individuare, quindi, gli accordi “comparativamente più rappresentativi” nel settore e nella zona dell’appalto, cercando il contratto più vicino all’attività svolta.  

Rispetto alla versione approvata inizialmente dal Governo, il testo del Dl 19/2024, ha cambiato la norma sull’applicazione del Ccnl in caso di appalto e subappalto, stabilendo che il contratto genuino è quello comparativamente più rappresentativo (e non più quello maggiormente applicato) in funzione dell’attività strettamente connessa con l’oggetto dell’appalto o del subappalto. La vecchia dicitura avrebbe creato non pochi problemi in fase applicazione. 

La ratio della norma si pone il fine di garantire una retribuzione conforme ai contratti collettivi più rappresentativi, senza utilizzare il costo del lavoro come elemento di concorrenza sleale tra le imprese. Come già anticipato, questo principio si applica a tutti i lavoratori subordinati impiegati negli appalti, inclusi quelli somministrati, a tempo determinato e in distacco. 

Le imprese, pertanto, devono seguire un percorso definito che possiamo riassumere in tre step. Il primo è quello dei soggetti stipulanti: gli accordi (nazionali e territoriali) da prendere come riferimento devono essere sottoscritti dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Sono messi fuori gioco, quindi, gli accordi pirata e quelli a bassa rappresentatività. Il secondo riguarda le attività che sono oggetto dell’appalto: il contratto deve avere un ambito di applicazione strettamente connesso con queste attività. La legge parla dell’attività dedotta nel contratto, e non di quella svolta dal committente. Questo significa, per fare un esempio, che se l’azienda committente applica il contratto collettivo del settore farmaceutico e affida in appalto il servizio di pulizia, l’appaltatore dovrà applicare i trattamenti previsti per questo ultimo settore. 

Il terzo riguarda il territorio: la normativa, in aggiunta al riferimento all’attività svolta, rinvia all’accordo collettivo applicato nella zona. Un criterio difficile da interpretare, essendo abbastanza inusuale, che dovrà essere necessariamente inteso in modo flessibile, valutando gli accordi collettivi applicati dalle imprese sul territorio. 

Infine, qualche mese fa, l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) ha pubblicato il piano di vigilanza per il 2024, incentrato sul contrasto al sommerso e sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La vigilanza si concentrerà sul “lavoro grigio”, in particolare su appalti non genuini e somministrazioni abusive. Questo controllo riguarderà principalmente settori come logistica.  

In conclusione, la recente riforma degli appalti rappresenta un passo significativo nella lotta contro il dumping salariale. Grazie a misure che promuovono la trasparenza e la legalità, la nostra organizzazione territoriale in questi mesi ha operato con maggiore efficacia per tutelare i diritti dei lavoratori. Queste nuove disposizioni incentivano, infatti, le imprese a rispettare i contratti collettivi firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, contribuendo così a garantire salari equi e condizioni di lavoro dignitose combattendo pratiche sleali. La nuova riforma degli appalti sta portando effetti positivi nella nostra provincia poiché molte aziende stanno scegliendo di internalizzare direttamente i dipendenti che prima erano in appalto. Questo processo non solo garantisce maggiore stabilità lavorativa, ma rappresenta anche un riconoscimento del valore del lavoro. Inoltre, alcune aziende in appalto hanno già effettuato il passaggio al CCNL Logistica, migliorando così le condizioni contrattuali per i lavoratori. Da ultimo, come UIL Trasporti Ravenna attualmente stiamo trattando con altre aziende per ottenere migliori accordi e tutele, dimostrando che il dialogo e la concertazione sono fondamentali per costruire un futuro più giusto per i lavoratori.