RIDARE DIGNITÀ AL PAESE, ALLE PERSONE, AL LAVORO.

Il posto fisso è sacro

Il posto fisso è sacro

di Alessandro Perrotta – Uiltrasporti Lombardia

Il posto fisso è sacro” urlava Lino Banfi a Checco Zalone intento a dimettersi dal suo lavoro in “Quo Vado?”, film di enorme successo del 2016.  
Il posto fisso, la prospettiva di un futuro economico stabile che garantisce le ali per far volare i propri sogni è uno stereotipo che negli anni si è diviso tra cliché e desiderio degli italiani.  
Lavoro, casa, matrimonio e famiglia sono stati un leitmotiv costante nella generazione che ci ha preceduto. Gli ultimi anni però ci hanno dimostrato che qualcosa sta cambiando, che quella mentalità di vivere per lavorare è andata scemando gradualmente dopo gli anni 90. Il mondo del lavoro e la nostra società stanno subendo una rapida evoluzione ed i giovani ce lo dicono a gran voce. Abbiamo scelto di ascoltarli e di guardare con occhi diversi a quelle decisioni che spesso vengono strumentalizzate come una mancanza di voglia, ma che nascondono qualcosa di molto più profondo. 

Nel dettaglio, ho scelto di analizzare un fenomeno per me totalmente inaspettato, ovvero quello delle dimissioni dei capitreno. Negli ultimi anni, infatti, le imprese ferroviarie lamentano numerose dimissioni di giovani, nella quasi totalità under 35, che nonostante una discreta retribuzione e una incrollabile stabilità lavorativa, scelgono di lasciare il loro posto di lavoro.  

Per comprenderne le ragioni, ho intervistato Marco e Sara, due giovani che hanno scelto di dismettere la divisa da capotreno per condurre una vita completamente diversa. 

Quanti anni hai?  
Quasi 30, al momento delle dimissioni ne avevo 29. 

Avevi un contratto a tempo indeterminato con l’azienda da cui ti sei dimesso? 
Sì, avevo cinque anni di anzianità di servizio ed ero a tempo indeterminato da oltre due anni.  

Qual è il principale motivo della tua scelta? 
Il principale motivo che mi ha portato a lasciare il lavoro è legato all’orario di lavoro. Infatti, i turni non cadenzati richiedono un impegno giornaliero notevole che spesso non concede di avere tempo libero.  
Inoltre, lo stress causato dal rapporto coi clienti era diventato letteralmente insopportabile.  
Ho iniziato a pensarci un giorno di fine luglio, era l’ennesima volta che viaggiavo su un treno con l’impianto di climatizzazione guasto ed una temperatura interna di oltre 35° ed io ero lì a subire gli sfoghi dei passeggeri senza poter fare nulla per loro e senza che fosse colpa mia.  

Quanto hanno influito i carichi di lavoro sulla tua decisione? 
I carichi di lavoro, in particolare i turni di durata superiore alle 9 ore sono stati il principale motivo della mia scelta. Penso che, se la durata delle giornate di lavoro fosse stata più equilibrata non sarei arrivato a dimettermi. 

Quanto ha influito lo stress ed il contatto col passeggero sulla tua decisione?  
Anche questo aspetto ha giocato un ruolo decisivo nella mia scelta. Purtroppo, alcune disposizioni aziendali ed i ripetuti casi di aggressione mi hanno sempre fatto pensare che la nostra figura non fosse sufficientemente tutelata dall’azienda. 

Al momento della scelta, avevi già individuato il tuo attuale lavoro?  
Si, avevo già partecipato ad un concorso con la prospettiva di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.  

 Il nuovo contratto di lavoro è economicamente più vantaggioso del precedente?  
La parte di retribuzione fissa è pressoché identica, tuttavia complessivamente lo stipendio da capotreno era migliore per effetto delle competenze variabili che percepivo durante il servizio.  

Il nuovo contratto di lavoro ti consente di passare maggior tempo a casa?  
Assolutamente sì, le ore settimanali di lavoro sono minori e l’impegno giornaliero mi consente di avere sempre un po’ di tempo per me pomeriggio.  

C’è stato un momento particolare od un evento che ti ha convinto a cambiare vita? 
Non ricordo un episodio particolare, bensì costante ripetersi nel tempo dei diversi fattori che ho raccontato.  

Sei soddisfatto della tua decisione? 
Come in ogni scelta, ci sono stati pro e contro.  
Sicuramente la mia vita ne ha giovato, sono tornato a vedere regolarmente i miei amici e sono molto meno stressato. 
Tuttavia, la diminuzione dello stipendio mi ha imposto alcuni cambiamenti nelle mie abitudini. 
Ad ogni modo, non tornerei indietro.  

Passiamo ora alla seconda intervista, che ci ha regalato altri spunti interessanti. 

Quanti anni hai?  
Quasi 27, mi sono dimessa un anno fa.   

Avevi un contratto a tempo indeterminato con l’azienda da cui ti sei dimesso? 
Sì, avevo appena terminato l’apprendistato ed ero a tempo indeterminato da circa sei mesi.  

Qual è il principale motivo della tua scelta? 
Purtroppo col tempo mi sono resa conto che l’atipicità degli orari del ferroviere stavano avendo un impatto devastante sulle mie amicizie e sui miei affetti. 
Spesso trascorrevo oltre 24 ore lontano da casa per effetto dei “riposi fuori residenza”, ovvero turni in cui dormivo via. E’ un lavoro ben pagato, ma stava portando via troppo alla mia vita ed ho capito che non ne valeva la pena.  

Quanto hanno influito i carichi di lavoro sulla tua decisione? 
Credo che sia semplicemente assurdo che la maggior parte dei servizi durava circa 10 ore, quando si lavora dalle 10 alle 20, o dalle 7 alle 17 di quella giornata non rimane niente… e si sa, il tempo vola! 

Quanto ha influito lo stress ed il contatto col passeggero sulla tua decisione?  
Fortunatamente ho incontrato molti passeggeri educati, tuttavia nei casi in cui mi sono trovata ad affrontare persone maleducate, ho notato un’eccessiva accondiscendenza da parte dell’azienda.  
Penso al fatto che ho ricevuto più volte richieste di giustificazioni in seguito a reclami fatti da clienti che erano palesemente in torto.  

Al momento della scelta, avevi già individuato il tuo attuale lavoro?  
No, mi sono tuffata nel vuoto, consapevole del rischio ma per fortuna mi è andata bene.  

 Il nuovo contratto di lavoro è economicamente più vantaggioso del precedente?  
Lo stipendio è nettamente inferiore, parliamo di circa 600 euro in meno al mese.  

Il nuovo contratto di lavoro ti consente di passare maggior tempo a casa?  
Si, sono tornata a vedere con regolarità i miei amici ed il mio compagno e soprattutto ho riassaporato il sapore delle feste.  
Negli anni sui treni, ho sofferto tanto la mia assenza in famiglia la domenica, durante le festività, ad esempio il giorno di Natale. Aver potuto trascorrere di nuovo questi momenti a casa per me è impagabile.   

C’è stato un momento particolare od un evento che ti ha convinto a cambiare vita? 
Si, era il compleanno di mia nonna. Mi ero organizzata con i colleghi per un cambio turno affinché potessimo spegnere le candeline tutti insieme. Poi, siamo rimasti bloccati per un guasto in linea ed ho trascorso il compleanno di mia nonna a far da sfogo alla frustrazione dei passeggeri che non mi hanno risparmiato i loro insulti. Purtroppo, sono arrivata tardi e quel momento l’ho perso per sempre.  
Quel giorno mi sono detta “basta!”, la mia vita meritava di più.  

Sei soddisfatta della tua decisione? 
Si! Sono felice di avere avuto il coraggio di rimettermi in gioco, anche se ci sono stati momenti di sconforto ed anche se molti, anche in famiglia, all’inizo non hanno capito la mia scelta. 
Oggi sono tornata a stare bene, a vivere una vita in cui mi sento al mio posto. Ho avuto la fortuna di trovare un lavoro che mi ha permesso di mettere al servizio del prossimo le mie competenze e per la prima volta ho capito cosa vuol dire sentirsi apprezzati dagli utenti e dal proprio datore di lavoro.  

Come ci hanno raccontato Marco e Sara, non si tratta di due giovani fannulloni, ma di due persone che hanno avuto il coraggio di porsi delle domande e di rimettersi in gioco.  
Probabilmente 30 anni fa non avremmo mai ascoltato queste storie. Infatti, la professione del capotreno era profondamente diversa e garantiva molto più tempo libero, a fronte di condizioni economiche nettamente migliori.  
Entrambi hanno sottolineato come i turni, spesso prossimi alle 10 ore ed i riposi fuori residenza rendano inconciliabile la propria vita al proprio lavoro. In questa fase, in cui si sta ridiscutendo il contratto collettivo nazionale delle attività ferroviarie, forse sarebbe opportuno chiedersi se non sia necessario apportare dei correttivi.  
Entrambi ci hanno detto che non si sono sentiti sufficientemente tutelati dalla propria azienda nei confronti dei clienti, fattore spesso comune quando si tratta di lavoratori cosiddetti “front-line”. Specialmente in un settore come quello ferroviario, in cui sempre più frequentemente si verificano criticità nel servizio ed aggressioni, occorre che le aziende facciano una riflessione profonda su quali azioni occorre introdurre per cambiare questa percezione. Non si può continuare a ragionare sempre e solo in termini di costo quando c’è in gioco la vita delle persone.  
La “fuga dei capitreno” è frutto di un disagio profondo che sta vivendo la mia generazione, probabilmente intervistando chi tutt’ora è in servizio ascolteremmo storie di persone che per gli stessi motivi vorrebbero andarsene, ma che per i motivi più disparati, non possono farlo.  
Come sindacato dobbiamo avere il coraggio di dare voce a queste storie e soprattutto di trovare risposte.  
È evidente che senza una revisione normativa forte, che restituisca tempo libero senza danneggiare il potere di acquisto, la situazione non è che destinata a peggiorare ed alla lunga le imprese ferroviarie stesse ne risentiranno. 
Oltre al fatto che formare un capotreno richiede un cospicuo investimento di denaro e tempo, non è mai positivo quando i lavoratori seri se ne vanno.  

Sara e Marco, un po’ come Checco in “Quo Vado?” alla fine hanno scelto l’amore, per la propria vita, per la propria famiglia, per il proprio tempo piuttosto che il posto fisso e forse hanno insegnato qualcosa a tutti noi.