Intervista a Giulia Mei
Di Marta Pietrosanto – Uiltrasporti Trasporto Aereo
Giulia Mei, cantautrice e pianista nata a Palermo nel 1993, ha mosso i primi passi nella musica molto presto, iniziando a studiare pianoforte e canto al Conservatorio “V. Bellini” di Palermo all’età di nove anni. Nel 2019 ha pubblicato il suo album d’esordio Diventeremo adulti e nel 2024 ha presentato il suo brano “Bandiera” a X Factor che è divenuto immediatamente un simbolo. I testi dei brani di Giulia Mei affrontano tematiche profonde e che parlano della sua generazione come l’identità femminile, la ricerca della stabilità lavorativa, la libertà di scelta e le contraddizioni della società attuale. Il suo ultimo album, Io della musica non ci ho capito niente, pubblicato nel marzo 2025, esplora in maniera ironica, autentica e coinvolgente cosa significa essere giovani oggi, tra sogni, precarietà e famiglia. Brani come “Un tu scuiddari” e “Mamma!” testimoniano l’impegno sociale così come il tono intimo e sincero di questa artista.
M- Grazie Giulia per aver accettato di parlare con me, nelle tue canzoni parli molto di lavoro e di nuove generazioni e di come queste due realtà convivono nel mondo di oggi. Nello specifico, hai scritto una bellissima canzone che si chiama “Mamma!” nella quale dici: “Mamma, ti prometto che mi laureo e mi trovo al posto fisso, proprio accanto al crocifisso” queste parole a me come giovane parlano e penso che parlino anche a tante altre e tanti altri giovani, come mai questo testo?
G- Intanto desideravo parlare in maniera ironica di questa mania che hanno i nostri genitori e specialmente le generazioni precedenti alla mia per il posto fisso, io sono una millennial, sono nata negli anni 90, sono una di quelli che non vedrà mai la pensione, mentre loro hanno assorbito questo concetto del posto fisso come la ricerca della certezza e della stabilità, e i nostri genitori questa cosa l’hanno vissuta e l’hanno perseguita ma adesso viviamo in un mondo che non ci può assolutamente dare quelle garanzie e quei risultati che loro hanno ottenuto. Erano altri tempi, loro non se ne rendono conto e ci caricano di aspettative che sono impossibili da raggiungere ed inoltre, è possibile anche che i giovani divergano da queste aspettative per scelta, anche perché oggi i sogni sono cambiati, le ambizioni sono cambiate, il mondo è cambiato. Prendo in giro questa cosa perché mia madre è una di quelle, anche mia mamma mi ha sempre detto fatti la musica come piano B però nel frattempo fai il piano A. Io cmq ho due lauree al conservatorio, quindi ho tutte le carte per poter insegnare sia nelle scuole e che nei conservatori, tra l’altro ho insegnato nelle scuole e sono iscritta con UIL come insegnante. Avendo lavorato nella scuola conosco anche il precariato che c’è lì e prendo in giro il posto fisso perché mi fa sorridere ma mi fa anche male perché da millennial lo vivo male questo confronto con le generazioni passate, che ci sovraccaricano con tutta una serie di regole che non possono esistere più, le performance, i numeri primi e i numeri secondi, il successo, e l’insuccesso, tutte cose che sono diverse dal mio modo di addentrarmi nella realtà.
M-Come pensi che vivano il confronto le giovani generazioni con un mondo che è sempre più precario, privo di certezze e ricco di individualismi?
G- E infatti “Mamma!” parla anche di questo, perseguendo il posto fisso, le regole, le abitudini, che sono delle briciole paragonate al quadro più grande che ci circonda. Io questa canzone l’ho scritta durante il Covid, quando il mondo stava andando in pezzi; infatti, racconto una serie di cose: “I giorni si protraggono, I grandi amori crollano, gli zii ed i nonni muoiono, E salutano via chat”. Il mondo sta a malapena in piedi e nonostante questo noi continuiamo a perseguire delle cose che sono in realtà futili e frivole e magari a volte è più forte quella spinta di omologarci invece dobbiamo sforzarci di perseguire una presa di coscienza di quello che stiamo vivendo, di procedere per un impegno generale verso il cambiamento.
M-Parliamo di Bandiera, è diventata praticamente un inno per cui migliaia di donne ti sono state grate, cosa ti ha spinto a scriverla?
G-È una canzone che lascio sempre che la gente chiami come vuole, è importante per me che le persone la chiamino come vogliono, chi la vuole chiamare manifesto, anche inno è molto bello, chi la chiama canzone, chi la vuol chiamare grido. Di fatto è una storia, la mia storia, di un’esperienza in cui non mi sono sentita al sicuro ma anche una canzone che parla della necessità delle donne di dover omettere il loro essere donna per sentirsi al sicuro ma è anche una rivendicazione delle donne di autodeterminarsi e poter essere quello che vogliono. La canzone parla della necessità delle donne di sentirsi libere di scegliere, sia dal punto di vista legislativo, sia dal punto di vista della cultura, in alcune parti del mondo siamo messi meglio ma c’è bisogno di tanta cultura e di tanta educazione. In definitiva è un grido di necessità di raggiungere una libertà vera, reale e tangibile per le donne.
M-Che si dovrebbe fare, secondo te, per sentire le donne più libere?
G-Penso che si dovrebbe educare le persone, formare e smettere, nei casi di violenza, di deresponsabilizzare gli uomini e colpevolizzare le vittime, inoltre, la sicurezza delle donne non può essere responsabilità solo delle donne. Ricordiamoci sempre che la cultura patriarcale è dentro tutti noi, anche dentro di me, anche in delle cose di cui non ci rendiamo conto. È fondamentale che si faccia educazione sentimentale, emotiva e sessuale alle persone e nelle scuole, lanciamo questo appello, la scuola è un luogo fondamentale per insegnare ai bambini il rispetto per le donne, magari togliere due ore alle tabelline e dedicarlo ad imparare che la libertà è un valore. È importante che si sentano tanti punti di vista, tante voci, che se ne parli. Non basta più parlare solo di protezione, serve un cambiamento sistemico, che non deve essere solo un’utopia.
M-A che punto pensi che siamo sul rispetto della libertà delle donne?
G- Ci stiamo lavorando, ci sono tantissime realtà che se ne occupano e che ne parlano ma dobbiamo fare di più perché, secondo me, non sono bei tempi questi, penso che sia sotto gli occhi di tutti, c’è un ritorno a delle visioni in cui si normalizzano degli episodi di violenza fisica e psicologica, i vecchi valori del patriarcato sono sempre in agguato e bisogna rendersi conto che tutta la narrazione che ci ha portato a questa situazione è completamente invertita e bisogna cambiare rotta, dare valore all’inclusione e al rispetto delle minoranze. In questo momento c’è una parte di Paese che sta facendo marcia indietro su queste tematiche e a me dispiace, perché tanti sono giovani, io lo vedo anche dai commenti, certe tematiche serie vengono quasi derise e non prese sul serio e anche per quanto riguarda la normalizzazione della violenza. Sono momenti in cui bisogna tenere alta la guardia ma anche dare speranza, io con la mia musica cerco di farlo, io sono solo una menestrella, faccio musica, però se posso fare qualcosa, lanciare un messaggio, lo faccio, prima di tutto perché serve a me come cittadina.
M-Cambiando discorso, quanto è importante per te e per la tua musica il contatto con la tua terra, la Sicilia, e il Siciliano?
G- l’attaccamento alla mia città le mie radici è fortissimo, si vede da come parlo, da come scrivo, ma anche da come cammino. Sai, è sempre difficile lasciare un posto che si ama, però a volte per avere la possibilità di arrivare a fine mese, di pagare l’affitto e avere delle possibilità si deve fare, purtroppo il posto da cui vengo, ahimè, ha tante criticità dal punto di vista del lavoro, è una cosa che tristemente sappiamo. Poi io volevo fare musica e per fare musica spostarsi era purtroppo necessario, però rimango sempre legata alla mia terra, canto anche in siciliano e in palermitano, torno sempre in Sicilia e la porto sempre con me e nella mia musica anche perché penso che questa tradizione mi identifica e faccia parte della mia persona, quindi, non è una cosa che io riuscirei mai ad omettere, come persona, come donna, come cantante e come artista. Nel mio ultimo disco c’è la canzone in Siciliano con Anna Castiglia per far emergere questo lato di me ma anche per far emergere tante donne e le loro storie, per me il discorso di creare rete tra le persone e le donne è molto importante.
M-Per concludere, quali pensi sia il ruolo del sindacato oggi?
G- Ti dico la mia, umilmente, sarebbe bello immaginare un futuro in cui ci siano più tutele nel mondo dello spettacolo, anche in questo mondo ci sono episodi di precariato e lavoro sommerso, sarebbe bello se si riuscissero ad avere più tutele per tutte e per tutti con il sindacato. Dal punto di vista dei lavoratori dello spettacolo penso che siamo indietro e dobbiamo fare di più, io credo che la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici di tutte le categorie sia fondamentale ed è bellissimo che esistano i sindacati che abbiano come missione la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici. Aggiungo, andiamo a votare tutti a giugno. Io mi auguro che l’Italia migliori sempre più sulla tutela reale di tutti i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo, dagli artisti in prima a linea a tutti quelli che lavorano dietro le quinte.