RIDARE DIGNITÀ AL PAESE, ALLE PERSONE, AL LAVORO.

I giovani e la previdenza complementare 

I giovani e la previdenza complementare 

Poca conoscenza e tanta disinformazione tengono lontano i giovani dalla previdenza complementare. 

Di Enrico Casadei – Uil Ravenna 

Il futuro delle pensioni in Italia sembra sempre più incerto, mentre la previdenza integrativa fatica a crescere. Entro il 2040, un dipendente del settore privato con 38 anni di contributi riceverà solo il 58,7% dell’ultimo stipendio, rispetto al 73,6% del 2010. 

Il tema dei fondi pensione e della previdenza complementare è ancora oggi, purtroppo, un argomento poco trattato e discusso. 

Questo è il dato che emerge dai recenti studi e dalle relazioni che il Covip (Commissione di Vigilanza dei Fondi pensione) ogni anno redige. Dall’ultima relazione annuale presentata, riferendosi ai dati del 2023, i fondi pensione sono 302, in calo rispetto ai 332 del 2022. La suddivisione è la seguente: 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 68 PIP (piani individuali pensionistici) e 161 fondi preesistenti. 

Nel 2023, gli iscritti ai fondi pensione superano 9,6 milioni, con un aumento del 3,7% rispetto al 2022. La ripartizione degli iscritti tra le forme complementari è: 3,896 milioni nei fondi negoziali (+5,4%), 1,902 milioni nei fondi aperti (+5,9%), 655 mila nei fondi preesistenti (+1,7%), 3,603 milioni nei PIP “nuovi” (+2,2%) e 294. 000 nei PIP “vecchi” (stabili).  

Il 61,7% degli iscritti è di genere maschile. Le donne partecipano meno a causa di carriere discontinue e salari inferiori. Per età, il 47,8% ha 35-54 anni, il 32,9% almeno 55 anni, e il 19,3% ha meno di 34 anni. Gli iscritti lavoratori dipendenti sono 6,971 milioni (+4,5%), mentre quelli autonomi sono 1,185 milioni (+1,4%).  

Le adesioni ai fondi pensione rappresentano il 36,9% della forza lavoro. 

Per quanto riguarda i comparti di investimenti, i garantiti sono scelti dal 37,1% degli iscritti, gli obbligazionari dal 12,8%, i bilanciati dal 39,9% e gli azionari dal 10,3%. Negli ultimi anni è scesa la percentuale di chi ha scelto i profili garantiti: – 5,5 punti percentuali rispetto al 2019. 

I profili azionari e bilanciati sono preferiti dagli iscritti giovani (fino a 29 anni). Il 45-50% degli iscritti nelle fasce di età centrali (30-54 anni) sceglie profili a rischio più basso e i profili garantiti assumono via via un peso predominante a partire dai 55 anni.  

Questa in estrema i sintesi i dati del report. 

Cerchiamo ora di analizzare la situazione dei giovani ed i fondi pensione. 

Di sicuro i giovani sotto i 35 anni sono particolarmente penalizzati a causa dell’alta disoccupazione e da contratti precari ed in molti casi malpagati. La preoccupazione per la pensione è alta, ma i giovani spesso rimandano la pianificazione per il futuro. 

Secondo un recente sondaggio, l’81% dei giovani non è informato sui fondi pensione, ma il 94% desidera maggiori informazioni. Questa situazione è preoccupante, soprattutto per l’incertezza del sistema pensionistico attuale. 

È fondamentale, quindi, informare i giovani per aiutarli a prendere decisioni consapevoli. L’iscrizione a un fondo pensione è massima tra chi conosce la previdenza complementare (83%). Prima del sondaggio, solo il 16% pensava di investire in un fondo, cifra salita all’86% dopo aver ricevuto informazioni. Per colmare il gap informativo, è necessaria un’azione incisiva nelle aziende, con una formazione adeguata per i dipendenti cosa che il sindacato sta già facendo. Al giorno d’oggi e considerando il contesto economico difficile, è essenziale comprendere concetti come inflazione, debito pubblico e pensioni per migliorare la situazione finanziaria dei lavoratori. L’analisi inizia esaminando la comprensione di semplici documenti contabili, approfondendo poi gli aspetti previdenziali.  

Inoltre, dal V Rapporto Assogestioni-Censis, quando investe, il 44,4% dei giovani cerca sicurezza a lungo termine, il 35,1% diversificazione del portafoglio e il 35% buoni rendimenti.  

Il loro approccio alla gestione dei soldi però può essere considerato rischioso. Il 56,9% controlla costantemente i propri investimenti, con il rischio di fare cambiamenti impulsivi, e il 54,7% è influenzato da eventi attuali. Il 60,4% ha modificato le proprie decisioni basandosi su eventi globali, mentre l’81,5% desidera essere più informato sulle notizie internazionali.  

I giovani, infine, si aspettano che la consulenza finanziaria li aiuti a investire con buoni rendimenti (41,7%) e a minimizzare i rischi (40,5%). 

Da questi dati, si può capire come la confusione sia tanta, infatti è chiaro che più si alza il rendimento con più si alza il rischio. 

A mio parere, quello che è necessario far capire ai giovani è che la previdenza complementare, tramite fondi pensione, offre molti vantaggi. Essa contribuisce alla sicurezza finanziaria a lungo termine e permette di integrare la futura pensione pubblica.  

I principali vantaggi che si possono ottenere direi che si possono riassumere in tre punti:  

il primo l’accumulo di risparmi a lungo termine, grazie agli interessi composti che aumentano il capitale al momento del pensionamento; il secondo il vantaggio fiscale, poiché i contributi sono deducibili dal reddito imponibile, riducendo così le tasse annuali da pagare; ed infine la diversificazione del reddito pensionistico, fornendo una fonte di reddito aggiuntiva rispetto alla pensione pubblica, fondamentale per mantenere un tenore di vita dignitoso.