Di Alessandra Murinni – Psicologa del lavoro e delle organizzazioni
Il tema del benessere psicosociale è sempre più centrale nei contesti lavorativi; si tratta di un argomento che non bisogna lasciare in secondo piano. Per questo motivo inauguriamo da questo numero di Per le Strade d’Europa una nuova rubrica in cui la Dottoressa Alessandra Murinni, psicologa del lavoro e delle organizzazioni, risponderà alle domande, le curiosità e i dubbi delle lavoratrici e dei lavoratori impiegati nel settore dei trasporti e servizi e non solo, su questo tema, importante per una qualità del lavoro e della vita dignitosa, ma ancora poco conosciuto.
Per inviare domande, segnalazioni e commenti scrivete a ufficiostampa@uiltrasporti.it
“Quali sono i segnali più comuni di uno squilibrio tra lavoro e vita privata a cui dovrei prestare attenzione?”
Immagini di sedersi di fronte ad uno specchio e di raccontarsi come sta vivendo la sua quotidianità. Spesso, quando il lavoro inizia a prendere troppo spazio, la nostra vita privata ne risente, un po’ come una pianta che non riceve abbastanza acqua e sole. Allora, quali sono questi “segnali” che ci dicono che forse stiamo tirando troppo la corda? Beh, a livello emotivo e mentale, potrebbe notare che lo stress e l’ansia sono diventati suoi compagni fissi. Magari si sente sempre “sul chi va là”, irritabile per un nonnulla, oppure ha la sensazione di non farcela più a gestire tutto quello che le sta capitando. La concentrazione diventa un’impresa ardua, la mente vaga e la produttività al lavoro cala, creando così un circolo vizioso. A volte, può insinuarsi una tristezza persistente, una mancanza di motivazione che appiattisce lei e chi le sta intorno. E quel senso di colpa? Quello che l’assale quando si concede un momento per lei perché pensa di star trascurando il lavoro, lo nota? In tal caso, sarebbe un altro segnale importante. Potrebbe anche accorgersi di preferire la solitudine, di allontanarsi un po’ dagli amici o dalla famiglia perché non ha tempo o energie da dedicare loro. E quelle passioni che un tempo fa le davano gioia? Magari ora le ha accantonate o le vede come un peso, qualcosa di “extra” a cui non ci si può proprio dedicare.
Ci sono poi i segnali che il corpo ci manda (perché mente e corpo sono strettamente connessi). Potrebbe iniziare a dormire male, faticare ad addormentarsi o svegliarsi nel cuore della notte con la mente che vaga. Potrebbe notare dei cambiamenti nel suo appetito, mangiando troppo per “consolarsi” o saltando i pasti perché “non si ha tempo”. Mal di testa frequenti, mal di stomaco o altri dolori fisici senza una causa apparente possono essere il modo in cui il suo corpo la avverte del fatto che è sotto pressione. E quella stanchezza che non l’abbandona mai, anche dopo un fine settimana di riposo? Se c’è anche quella sicuramente è un segnale da non sottovalutare.
Infine, ci sono i cambiamenti nei nostri comportamenti. Si lavora sempre oltre l’orario stabilito, con la difficoltà di “staccare la spina” anche quando si è a casa; Forse ha la sensazione di dover fare tutto da solo, perché non si fida che gli altri possano fare le cose bene come lei o semplicemente “fa prima a farlo lei” E le sue relazioni personali? Se si rende conto di trascurarle, di non avere più tempo per le persone a cui vuole bene forse è meglio smetterla subito. Magari non si concede più quei piccoli piaceri, quei momenti che l’aiutano a ricaricare le batterie. E a volte, in momenti di particolare stress, potrebbe anche notare un aumento nel consumo di caffè, alcol o altre sostanze nel tentativo di resistere a tutta la situazione.
Si ricordi, non è detto che, se si nota uno di questi segnali necessariamente si sta vivendo uno squilibrio grave, ma è importante ascoltare questi piccoli allarmi che il nostro corpo e la nostra mente ci inviano. Prestarci attenzione è il primo passo per poter fare qualcosa e ritrovare un equilibrio più sano possibile. Se invece si riconosce in molti di questi aspetti, non esiti a fermarsi un attimo e a chiedersi cosa può fare per prendersi un po’ più cura di sé.
L’Italia in coda alla Classifica Europea
Nel 2024, l’Italia si è posizionata al 27° posto su 30 nella classifica europea sul bilanciamento tra vita privata e lavoro (European Life-Work Balance Index) stilata dalla piattaforma Remote. Solo Ungheria, Slovacchia e Romania hanno ottenuto punteggi inferiori. I criteri considerati per tale valutazione includevano: assistenza sanitaria, salario minimo, congedo di maternità, ferie annuali retribuite, indennità di malattia, livelli di soddisfazione lavorativa, ore lavorative medie settimanali e indici di inclusività.
Il nostro Paese è risultato penalizzato da ben quattro fattori fondamentali:
- Assenza di un salario minimo nazionale, condivisa con pochi altri paesi che incide negativamente sulla sicurezza economica dei lavoratori.
- Numero relativamente basso di giorni di ferie retribuite, limitando le opportunità di recupero e benessere.
- Settimana lavorativa con un numero di ore superiore alla media europea, aumentando il rischio di stress da lavoro correlato e burnout.
- Scarsa inclusività, che può influire sul senso di appartenenza e soddisfazione dei dipendenti.
Questi elementi contribuiscono, di conseguenza, ad un ambiente lavorativo meno favorevole al benessere dei lavoratori, con ripercussioni sulla produttività e sulla qualità della vita.
Al vertice della classifica si trovano Irlanda, Islanda e Danimarca.
L’Irlanda, in particolare, ha implementato misure significative:
- Salario minimo elevato, garantendo una base economica più solida ai lavoratori.
- Settimana lavorativa ridotta, con una media di 35,58 ore settimanali.
- Generose ferie annuali retribuite e congedi di maternità ben remunerati.
- Sistema sanitario finanziato dal governo e alto indice di soddisfazione lavorativa.
Queste politiche adottate, hanno quindi dimostrato, che è possibile coniugare efficienza economica e qualità della vita lavorativa.
Il basso posizionamento dell’Italia nella classifica europea sul work-life balance evidenzia la necessità di interventi strutturali. Sarebbe fondamentale adottare politiche che promuovano un equilibrio tra vita privata e lavoro, attraverso:
- L’introduzione di un salario minimo nazionale.
- L’aumento dei giorni di ferie retribuite.
- La riduzione delle ore lavorative settimanali.
- L’implementazione di pratiche inclusive e flessibili.
Solo attraverso un impegno congiunto di istituzioni, imprese e sindacati sarà possibile migliorare il benessere dei lavoratori e la competitività del nostro Paese.
Ma perché è così importante il Work Life Balance?
Riportiamo un po’ di dati:
- Orari di Lavoro Prolungati: Circa 2 milioni di lavoratori italiani (9,4% degli occupati) lavorano oltre le 50 ore settimanali, superando le 40 ore previste.
- Desiderio di Riduzione dell’Orario: Il 67,7% dei dipendenti italiani esprime il desiderio di ridurre le ore lavorative, evidenziando una crescente insoddisfazione.
- Flessibilità Lavorativa Limitata: Solo il 40% dei lavoratori italiani ha accesso a orari di lavoro flessibili, e appena il 21% ritiene che la propria azienda stia attivamente cercando di migliorare l’equilibrio vita-lavoro.
- Disparità di Genere: La durata media prevista della vita lavorativa per una donna di 15 anni in Italia è di 28,3 anni, rispetto alla media UE di 34,7 anni.
I settori maggiormente interessati da un disequilibrio tra vita privata e lavoro includono:
- Sanità: Personale medico e infermieristico affronta turni prolungati e carichi di lavoro intensi.
- Logistica e Trasporti: Operatori e autisti spesso lavorano oltre le ore standard, con impatti sulla salute e sulla vita familiare.
- Tecnologia e Servizi Finanziari: Professionisti IT e bancari sperimentano frequentemente stress e burnout a causa di carichi di lavoro elevati.
- Commercio e Distribuzione: Lavoratori del settore retail affrontano orari irregolari e richieste lavorative soprattutto durante i fine settimana e le festività.
Detto ciò, mi preme sottolineare quanto, in un mondo del lavoro sempre più veloce e interconnesso, il concetto di work-life balance – ovvero l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata – è diventato centrale nelle riflessioni tra psicologi del lavoro, sindacati e lavoratori stessi. Questo tema assume un significato ancora più rilevante nel settore dei trasporti, uno dei comparti più esposti a ritmi frenetici, turnazioni notturne, trasferte, stress psicofisico e carenza di tutele adeguate.
La Uiltrasporti, nel portare avanti istanze legate alla qualità della vita dei lavoratori del settore, gioca un ruolo cruciale. Il settore dei trasporti, infatti, include una vasta gamma di professioni: autotrasportatori, macchinisti, operatori aeroportuali, marittimi, addetti alla logistica e ai trasporti urbani. Tutte queste figure condividono, purtroppo, una serie di criticità comuni: orari irregolari, lunghi periodi di lontananza da casa, responsabilità elevate e, spesso, condizioni di lavoro logoranti.
Dal punto di vista psicologico, queste condizioni generano livelli elevati di stress cronico, senso di isolamento (soprattutto nei lavoratori che viaggiano per lunghi tratti) e burnout, ovvero l’esaurimento emotivo e fisico legato a un carico lavorativo insostenibile. La carenza di momenti dedicati alla vita personale, alla famiglia e al riposo compromette la salute mentale e fisica dei lavoratori, comportando un aumento dell’insoddisfazione lavorativa nonché conseguenze negative sulla produttività lavorativa. In questo contesto, l’intervento sindacale non può limitarsi alla contrattazione salariale, ma deve includere anche il diritto al benessere, alla salute e al tempo libero. Uiltrasporti ha da anni posto l’accento sull’importanza del work-life balance come elemento fondamentale della qualità del lavoro.
Tra le azioni promosse dalla Uiltrasporti troviamo:
- Contrattazione di orari più sostenibili, specialmente nei settori con turni notturni o rotazioni settimanali;
- Tutela dei riposi minimi, in linea con la normativa europea e nazionale, per garantire periodi di recupero effettivi;
- Sostegno alla genitorialità nei settori a forte mobilità, attraverso proposte di flessibilità oraria e congedi più accessibili;
- Campagne contro il burnout e il sovraccarico psicofisico, con richieste alle aziende di implementare politiche di supporto psicologico e check-up periodici per i dipendenti;
- Spinta per l’adozione dello smart working, laddove compatibile, anche nei settori del trasporto amministrativo e della logistica.
Il miglioramento del work-life balance non è solo una questione di diritti individuali, ma un cambiamento culturale che deve coinvolgere imprese, istituzioni e cittadini. La produttività non può più essere misurata solo in ore lavorate, ma in termini di efficienza sostenibile e benessere diffuso. In un settore dove l’efficienza è spesso prioritaria rispetto alla persona, l’azione sindacale assume un valore umano prima ancora che politico.
Un lavoratore sereno è anche un lavoratore più attento, motivato e sicuro e questo vale ancora di più in un comparto dove la sicurezza è una componente essenziale.