Di Alessandra Murinni – Uiltrasporti Abruzzo
Nel contesto attuale, caratterizzato da una elevata dinamicità e complessità, il fattore determinante per la produttività aziendale risiede nelle persone e nelle loro competenze. Oltre alle abilità tecniche specifiche, risultano imprescindibili le competenze trasversali, tra cui la gestione emotiva, la regolazione dello stress, la comunicazione assertiva, nonché la capacità di definire e perseguire obiettivi strategici in sinergia con il team di lavoro. L’evoluzione del mercato del lavoro, sempre più volatile e incerta, richiede una professionalità ampia, che superi i confini del singolo settore e che si estenda ad ambiti intangibili quali l’intelligenza emotiva, la collaborazione e una comunicazione inclusiva e trasparente. Queste competenze, fondamentali per un efficace adattamento al cambiamento, contribuiscono alla costruzione di ambienti di lavoro resilienti e orientati alla crescita. Affinché tali dinamiche si sviluppino in modo efficace, è essenziale partire da un presupposto fondamentale: il benessere delle persone. Il livello di soddisfazione individuale, infatti, è direttamente proporzionato alla qualità delle prestazioni professionali ed incide significativamente sul senso di appartenenza e sulla capacità di contribuire in maniera proattiva al contesto organizzativo. In tale ottica, le aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni, giocano un ruolo cruciale nel promuovere una cultura del benessere che stimoli la consapevolezza individuale e che, in più, favorisca l’integrazione tra vita personale e professionale. Attraverso strategie di sviluppo mirate, la leadership aziendale può creare un ambiente che valorizzi il potenziale individuale, incrementi la motivazione e favorisca una partecipazione attiva e responsabile. Le risorse umane, oggi più che mai, rappresentano un asset strategico e un elemento differenziante nella competitività aziendale. Investire nel benessere degli individui facenti parte di un’azienda e nella loro crescita significa costruire organizzazioni più resilienti, innovative e capaci di rispondere efficacemente alle sfide del futuro. Nell’ottica psicologica, il benessere organizzativo si traduce in un ambiente di lavoro che sostiene il benessere globale del dipendente, promuovendo il miglioramento della qualità della vita professionale e il consolidamento di dinamiche interpersonali che favoriscono il coinvolgimento, la motivazione e la performance individuale e collettiva, focalizzandosi su aspetti basilari quali: il benessere fisico, psicologico, sociale, relazionale, culturale e professionale.
Talvolta, però, negli ambienti di lavoro si innescano condizioni sfavorevoli. Inadeguate modalità di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, unite a un contesto lavorativo socialmente arido, possono causare disagio e, nei casi più estremi, arrecare danni fisici e psicologici alle lavoratrici e ai lavoratori. Si tratta infatti, dei cosiddetti “rischi psicosociali”, che possono generare fenomeni come lo stress lavoro-correlato, maanche burnout, mobbing, molestie e stalking occupazionale. Lo stress e i disturbi ad esso correlati rappresentano, attualmente, una delle principali problematiche sanitarie in ambito lavorativo, interessando circa il 20% della forza lavoro nell’Unione Europea.
I rischi psicosociali quindi, nel mondo del lavoro contemporaneo, rappresentano una delle sfide principali per la salute e il benessere dei lavoratori; possono avere conseguenze devastanti non solo per l’individuo stesso, ma anche per la produttività e il clima organizzativo. Oltretutto, preme sottolineare quanto questi fattori siano tra le prime cause di problemi legati alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, aumentando così il rischio di incidenti, infortuni e malattie professionali: si stima che circa il 90% degli infortuni sul lavoro dipendano da fattori umani. Stanchezza fisica e mentale, monotonia e/o ripetitività nei compiti, mancanza di comunicazione, distrazione, eccessivo carico di lavoro, regole “non scritte”, mancanza di assertività, pressioni, stress e scarsa consapevolezza sono le cause principali del verificarsi di tali tragedie.
Tra i principali effetti di questi fattori, si delineano i differenti rischi/disturbi psicosociali:
- Stress lavoro-correlato: Nell’Accordo quadro europeo del 2004, lo stress lavoro-correlato (SLC) viene definito come “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro“. I fattori di rischio da stress lavoro correlato individuati dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro rientrano in due ambiti principali:
- Il contenuto del lavoro: comprende le caratteristiche che fanno parte dell’attività svolta; possono quindi essere rintracciate nei carichi di lavoro eccessivi e negli orari prolungati e pesanti.
- Il contesto lavorativo: comprende l’insieme delle variabili associate all’organizzazione aziendale in senso ampio. (es. problematiche associate ad una errata cultura organizzativa, dalla cattiva comunicazione alla mancata chiarezza dei ruoli e degli obiettivi professionali).
Oggi la materia è integralmente disciplinata dall art. 28 del D.lgs 81 del 2008 (Testo Unico della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) che prevede che tutti i datori di lavoro sono tenuti a valutare, per tutti i lavoratori, anche il rischio da stress lavoro-correlato secondo le indicazioni contenute nell’Accordo quadro europeo. La metodologia per tale valutazione e gestione del disturbo da stress lavoro- correlato, per espressa indicazione di legge, è stata poi dettagliatamente disciplinata dalla Circolare contenente le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress da lavoro, emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel D.lgs. 78/2010.
È obbligatorio, di conseguenza, coinvolgere attivamente i lavoratori interessati.
La valutazione dello stress da lavoro è diventata quindi parte integrante della valutazione dei rischi ed i suoi risultati devono essere inseriti all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).
La legge sullo stress lavoro correlato impone, altresì, l’obbligo di svolgere la valutazione con una frequenza non inferiore ai tre anni.
- Mobbing: Il mobbing sul luogo di lavoro è caratterizzato da un insieme di comportamenti ostili, aggressivi e persecutori posti in essere da superiori gerarchici (mobbing verticale) o da colleghi (mobbing orizzontale), al fine di colpire ed emarginare un lavoratore, il quale subisce conseguenze fisiche e psichiche rilevanti. Queste condotte, che si protraggono nel tempo, possono verificarsi quando ad esempio la vittima:
- viene isolata nell’ambiente lavorativo
- è colpita da insulti, battute, diffamazioni e comportamenti vessatori di vario tipo
- subisce demansionamenti e dequalificazioni
- è privata da permessi, ferie o altri benefit aziendali
- viene sottoposta a controlli assillanti da parte del datore di lavoro.
- Burnout: Il termine burnout significa letteralmente “esplodere” e viene utilizzato per delineare una forma particolare di esaurimento psicofisico che si lega strettamente al contesto lavorativo e che deriva da uno stress non gestito o mal gestito.
Di conseguenza, una persona può sentirsi priva di energia, esausta, debole, scoraggiata, può avere un atteggiamento negativo verso il proprio, che influisce direttamente sulla sua capacità di lavorare in modo efficace e di mantenere relazioni con le persone che la circondano.
Una condizione prolungata di burnout può avere effetti mentali e fisici, tra cui malattie stressanti, insonnia, depressione, isolamento e altri problemi comportamentali antisociali.
Qualora non vengano affrontati ed indagati adeguatamente, questi rischi rappresentano fattori critici che possono determinare, come dirette conseguenze, un aumento dell’assenteismo, nonché una significativa riduzione delle performance aziendali, con impatti negativi sull’intero sistema produttivo.
Il ruolo del sindacato nella promozione del benessere aziendale e nella prevenzione dei rischi psicosociali:
In questo scenario, il ruolo del sindacato diventa cruciale nella prevenzione e gestione di queste problematiche. In un’ottica in cui il mondo lavorativo dà sempre più importanza al benessere degli individui, emerge l’esigenza di un cambiamento fondamentale che riconosce il legame tra salute mentale, motivazione e produttività. Le aziende infatti, stanno progressivamente comprendendo che un ambiente di lavoro sano, in cui i dipendenti che abitano l’azienda sono soddisfatti e si sentono gratificati, non solo migliora il clima organizzativo, ma favorisce anche l’efficienza e la creatività di quest’ultimi, contribuendo così al successo sostenibile dell’impresa. Il sindacato è sempre più spesso chiamato ad intervenire non solo per supportare legalmente il lavoratore, o far valere i diritti di tutti o per svolgere azione di prevenzione, ma altresì per promuovere una nuova cultura nei posti di lavoro, una cultura sempre di più improntata al benessere, alla serenità ed alla piena realizzazione del lavoratore sul piano professionale e personale.
Ma cosa si può fare concretamente?
Le strade a disposizione del sindacato, che possono essere intraprese per affrontare le problematiche relative ai rischi psicosociali, per cercare di mitigarli quanto più possibile e per promuovere il benessere dei lavoratori, sono molteplici:
- Formazione e sensibilizzazione: organizzare corsi e campagne di informazione per riconoscere e contrastare i rischi psicosociali, promuovendo una cultura aziendale più inclusiva e rispettosa.
- Monitoraggio delle condizioni di lavoro: raccogliere segnalazioni sui casi di stress, mobbing e burnout, stalking ecc. fungendo da intermediario tra i lavoratori e l’azienda per migliorare le condizioni lavorative.
- Supporto e consulenza: offrire assistenza psicologica a tutti i lavoratori ed offrire assistenza legale alle vittime di vessazioni, molestie o discriminazioni sul lavoro
- Contrattazione collettiva: negoziare con le aziende politiche di welfare aziendale affinché favoriscano un migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata (work-life balance) attraverso orari flessibili, smart working (ove possibile) e servizi di supporto alla famiglia.
- Interventi normativi: promuovere e sollecitare l’applicazione di normative più stringenti per la tutela della salute mentale dei lavoratori, collaborando con le istituzioni per implementare misure davvero efficaci.
Concludendo, i rischi psicosociali, per fortuna, non sono più un tabù, ragion per cui non possono e non devono più essere ignorati nel contesto lavorativo attuale. Senza individui non esisterebbero aziende e bisogna imparare a saper riconoscere ed attribuire il giusto rispetto e valore alle persone in quanti tali. La gestione dei rischi richiede un approccio sistemico ed integrato che coinvolga le imprese, le istituzioni, gli esperti del settore e, in maniera determinante, i sindacati. Attraverso attività di prevenzione, a partire dai più giovani, supporto e contrattazione, il sindacato può contribuire in modo significativo a creare ambienti di lavoro più sani, produttivi e rispettosi del benessere dei lavoratori. Solo con un impegno congiunto sarà possibile costruire un mondo del lavoro più equo e sostenibile per tutti.