Marco Verzari – Segretario Generale Uiltrasporti
Quando si sciopera, in qualsiasi settore, tutti hanno un disagio, questo vale ancora di più quando impatta su servizi essenziali per i cittadini come i trasporti. Ha un disagio chi si trova costretto a proclamare uno sciopero per delle precise motivazioni sempre denunciate ed argomentate manifestando le difficoltà gravi delle lavoratrici e lavoratori, l’assenza di soluzioni e la mancanza troppo spesso anche di un confronto; ha un disagio chi sciopera e manifesta ed è costretto a perdere giornate di lavoro e retribuzione anche se, sempre troppo spesso, vive con salari da fame; ha un disagio chi subisce gli effetti dello sciopero ed è al tempo stesso persona, cittadino, utente e lavoratore.
Rimarcare i disagi è il mezzo strumentale usato ormai di frequente da una certa parte politica che gioca a dividere chi invece dovrebbe essere unito dalle soluzioni ai problemi.
Contemperare il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a scioperare con il diritto dei cittadini a non essere privati di servizi essenziali quale appunto la mobilità, è il preciso compito affidato alla Commissione di Garanzia sugli scioperi dalla legge 146 del 1990.
A fronte della sintetica formulazione dell’art. 40 della Costituzione, che si limita a stabilire che “il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”, con la legge n. 146/1990 il legislatore non ha emanato una normativa di carattere generale, ma si è limitato dettare alcuni principi sostanziali, arrivando ad una disciplina scarna, che deriva sostanzialmente da un’opera di integrazione affidata alle parti sociali attraverso l’ausilio di un soggetto super partes quale appunto la Commissione di Garanzia. Quello che constatiamo orami da troppo tempo è che la stessa Commissione di Garanzia nella realtà invece di contemperare due diritti cerca di limitarne fortemente uno: il diritto di sciopero. A nostro avviso ora è il momento di dire basta e intervenire.
Probabilmente non arriveremo mai ad un tempo giusto per affrontare il tema della revisione di questa legge, ma è indubbio che siamo di fronte ad una norma che oramai è resa iniqua dai comportamenti del Ministro dei Trasporti e da uno pseudo garante che invece appare con sempre più evidenza un mero esecutore della volontà del Ministro.
Questioni che vanno affrontate, aprendo una seria riflessione almeno sulla parte della normativa che regola il diritto di sciopero nel nostro Paese.
Nel 2023 la Commissione di Garanzia ha pubblicato una relazione sull’andamento degli scioperi, ne è emerso che, per usare le stesse parole della Commissione: “nei servizi pubblici essenziali va rilevato come le Confederazioni ricorrano allo sciopero raramente e solo nell’ambito di grandi vertenze collettive o importanti vicende politiche-economiche; mentre le sigle minori tendono ad utilizzare lo sciopero con maggiore frequenza, quale strumento di accreditamento dinanzi agli occhi dei lavoratori e dell’opinione pubblica. (…) La conclusione di importanti accordi collettivi con la partecipazione delle associazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sembra produrre un effetto calmierante degli scioperi.”
Parole che ad una prima lettura sembrano almeno nella forma andare nella direzione che anche noi auspichiamo, consapevoli della necessità e dell’urgenza di trovare meccanismi in grado di dare sostegno e soluzione alle problematiche che vengono denunciate nelle proclamazioni degli scioperi e di stabilire criteri oggettivi su rappresentanza e rappresentatività sul modello degli accordi interconfederali. Tali considerazioni si scontrano però con le oggettività dei fatti per le continue osservazioni fatte in occasione della proclamazione di scioperi, con gli atti di precettazione usati e abusati dal Ministro dei Trasporti, con interventi coattivi fatti addirittura su accordi vigenti tra le parti, come ad esempio nel caso del trasporto ferroviario dove c’è stata una prese di posizione da parte della Commissione che ha ampliato le fasce di inibizione degli scioperi.
Con questi atti si mortifica il diritto di sciopero dei lavoratori strumentalizzando il ruolo comunque importante del diritto alla mobilità. Allo stesso tempo si continua a depotenziare e delegittimare il ruolo del sindacato e in particolare quello del sindacato confederale.
È evidente che le motivazioni addotte dalla Commissione e dal Ministero sono troppo spesso unidirezionali con attacchi strumentali al sindacato e al diritto di sciopero. Tutto questo è a nostro avviso scorretto oltre che mortificante e va contro i nostri principi, per questo motivo non possiamo e non vogliamo rimanere a guardare.